Alle olimpiadi di Tokio, nel 2021, la staffetta italiana 4×100 entra nella storia dello sport conquistando con una inattesa prestazione l’oro olimpico. Fausto Desalu, terzo frazionista di quella splendida squadra, nel suo libro, ‘’Veloce come il vento’’, scrive che il suo recente step di crescita era dovuto al cambio di allenatore. Egli, infatti, a Settembre del 2018, aveva rotto con Gian Giacomo Contini (tecnico federale) e annunciato il nuovo allenatore, Sebastian Bacchieri, da alcuni anni già suo preparatore di pista. Ma cosa è cambiato se i due si conoscono già? Bacchieri conosce le caratteristiche di Desalu, che a sua volta conosce i metodi del nuovo allenatore. Quanto il miglioramento è merito del nuovo allenatore o è da attribuire alla maturazione dell’atleta?
La risposta ce la dà Desalu nel post col quale annuncia il cambio: “Tante avventure e nuovi obiettivi attendono me e il mio nuovo allenatore: una guida, un fratello maggiore ma prima di tutto un grande amico. Davvero felice di questa nuova collaborazione e molto entusiasta di iniziare”. Questa briosa dichiarazione, che tra le righe esprime evidentemente la mancanza di empatia con il precedente allenatore, induce a una riflessione: Le tabelle e le progressioni di allenamento funzionano meglio se la relazione allenatore-atleta riesce a produrre emozioni positive come fiducia, stima ed entusiasmo.
Se l’attenzione verso il rapporto umano è importante in un contesto di sport evoluto in cui l’allenatore ha l’obiettivo di fare esprimere il potenziale tecnico-atletico ad un atleta già formato, tutto è ancora più vero quando un istruttore si trova a gestire le fasce d’età delicate dello sport giovanile in cui l’obiettivo principale è quello di formare la personalità del futuro atleta/uomo, sulla quale costruire successivamente il contenuto tecnico/sportivo.
Le competenze psico-pedagogiche dell’istruttore sportivo
Conoscere, saper fare e sapere far fare, ossia saper insegnare i gesti tecnici del proprio sport è un compito fondamentale per un allenatore, ma altrettanto importanti sono le competenze psico-pedagogiche necessarie alla gestione dei gruppi:
- capacità di contatto con il gruppo
- capacità e responsabilita’ educativa
- capacità di comunicazione interpersonale
- capacità di programmare percorsi didattici di apprendimento
- capacità di osservazione e valutazione
Capacità di Contatto con il Gruppo – L’istruttore sportivo svolge un compito difficile e delicato per le responsabilità che ha nei confronti dei giovani allievi, non può essere un improvvisatore, la passione, la creatività e l’esperienza non sono più sufficienti. Oggi la varietà delle discipline del panorama sportivo e la conoscenza dei processi di apprendimento in età evolutiva impongono la presenza, fin dai contesti base, di una figura qualificata con competenze tecniche della disciplina e abilità relazionali necessarie per motivare, incoraggiare e trasmettere sensazioni positive ai propri allievi. Essere freddo, interessato solo ai risultati o ancorato alla propria esperienza (confort), cioè pensare ‘’Io sono così’’, “è come dico io” non può funzionare: i giovani sportivi si aspettano che l’allenatore sia capace di sviluppare i loro mezzi per raggiungere un traguardo sportivo ma anche capace di rimettersi in discussione e di sviluppare nuove strategie. Un autorevole punto di riferimento pronto a comprendere le esigenze dell’universo giovanile, abile nel favorire la percezione dell’importanza di essere parte integrante del progetto, così da trasmettere la giusta carica emotiva che permetterà loro di affrontare con autostima tutte le dinamiche del contesto gioco, allenamenti, competizioni. Conoscere se stesso, i propri pregi, difetti e in modo razionale il proprio reale valore, è il punto di partenza per costruire un rapporto di fiducia con gli allievi che consentirà di affrontare un’esperienza didattico/sportiva, sicuramente formativa per entrambi.
L’istruttore sportivo deve uniformare la propria condotta ad un insieme di valori morali e comportamentali che non differiscono molto da quelli di un docente del mondo della scuola. La professione istruttore implica, infatti, una responsabilità sociale in cui valori come l’integrità morale, la trasparenza, ed il senso di responsabilità hanno un ruolo primario nella sua missione, che è quella di valorizzare le competenze personali di ogni singolo allievo. Esiste comunque un Codice Europeo di Etica Sportiva (approvato dai Ministri europei responsabili per lo Sport, riuniti a Rodi per la loro 7ᵃ conferenza, maggio 1992) che ci indica quale dev’essere il comportamento personale e quali devono essere le azioni verso i giovani da parte di chi opera nello sport: “ogni istruttore deve tenere un comportamento basato su valori esemplari di onestà, equilibrio, coerenza, lealtà, per essere un modello positivo per i bambini e i giovani atleti; ha il dovere di garantire la salute, la sicurezza e il benessere degli allievi rispettandone i tempi di crescita e di maturazione; deve valorizzare le capacità di ogni singolo atleta dedicando un uguale interesse ai giovani con maggiore o minore talento, evitando aspettative sproporzionate alle loro possibilità; ha, di conseguenza, il dovere di formarsi e aggiornarsi (Artt. 5 e 9) affinché le proprie competenze tecniche ed educative siano adeguate ai bisogni dei giovani in funzione dei diversi livelli di impegno sportivo”.
La formazione – Lo sport, che sia agonistico (professionistico o dilettantistico), giovanile (avviamento), informale (del tempo libero e fitness), adattato per gruppi speciali, richiede OPERATORI COMPETENTI. La formazione non è un semplice trasferimento di informazioni ma un incontro/confronto tra ciò che viene presentato e la disponibilità del destinatario di assimilarlo per arricchire il proprio bagaglio di competenze. Per l’aspirante tecnico che è stato anche un atleta, in particolare sarà importante la disponibilità di passare da una visione individualista orientata al risultato personale a quella più ampia di allenatore che ha come obiettivo il risultato finale dell’allievo o gruppo di allievi. Un percorso più complesso dove conta la conoscenza degli aspetti psicologici, morali e umani dei giovani atleti.
La motivazione – Trasmettere le proprie motivazioni al gruppo, per un istruttore, è importante tanto quanto è necessario conoscere i reali bisogni e desideri che spingono i giovani all’attività sportiva per sviluppare programmi che siano in grado di favorire un maggiore coinvolgimento e prevenire il fenomeno del drop-out.
La motivazione (motus = movimento) è la spinta interna che porta un individuo all’azione per raggiungere degli obbiettivi, una meta. Secondo Gill (1983) ci sono 8 tipi motivazioni che spingono all’attività fisica e allo sport:
- Il divertimento
- Forma fisica
- Il desiderio di competenza (acquisire e migliorare le “abilità sportive”)
- L’affiliazione (desiderio di essere parte di una squadra)
- Stare con gli amici e fare nuove amicizie
- “Spendere energia” (scaricare le tensioni, muoversi)
- “Riuscita/status” (vincere, diventare famosi)
- Ricevere il “sostegno” dei genitori e delle altre persone significative
Tratteremo solo il divertimento, il desiderio di competenza e l’affiliazione perché ci sembrano più attinenti al contesto di questo intervento.
Il divertimento rappresenta, almeno fino alla preadolescenza, una motivazione molto forte e il gioco è l’attività divertente per eccellenza. Il passaggio indispensabile dal gioco all’agonismo della pratica sportiva preadolescenziale va gestito con attenzione e gradualità, la fretta di ottenere risultati e le ambizioni degli adulti, che non coincidono con i bisogni reali dei ragazzi, possono ostacolare questo passaggio.
La competizione/confronto mantiene la motivazione ad allenarsi e stimola il giovane a migliorarsi per superare se stesso e gli avversari, senza lo sport giovanile finirebbe, deve essere pertanto proposta e vissuta correttamente in modo da consentire al bambino di esprimere le proprie abilità con gioia ed entusiasmo, altrimenti può trasformarsi in un motivo di stress e di angoscia: la gara deve rappresentare un momento sereno e costruttivo di verifica della propria crescita.
Percezione di Competenza, ossia sentirsi all’altezza del compito, migliora l’autostima che a sua volta genera comportamenti speciali quali l’impegno, la persistenza a superare le difficoltà e nel complesso la capacità di acquisire e migliorare le abilità sportive; la percezione di scarsa competenza genera comportamenti opposti, paura dell’insuccesso, impegno scarso e rapido abbandono di fronte alla difficoltà. Il riuscire padroneggiare le abilità sportive aumenta la percezione di competenza ed è il fondamento della determinazione agonistica e del piacere di fare sport. In parole semplici, i giovani si appassionano soprattutto alle attività nelle quali si sentono “bravi”, dove hanno ‘’successo’’. Così, l’intervento dell’allenatore deve tendere a stimolare sentimenti di competenza ed efficacia personale attraverso azioni di rinforzo come: evidenziare i miglioramenti evitando di criticare gli insuccessi, dare istruzioni sempre adatte all’età, proporre attività coinvolgenti con differenti livelli di difficoltà ed aspettarsi di conseguenza risultati adeguati alle reali possibilità dei propri allievi.
L’affiliazione: il desiderio di sentirsi parte di un gruppo, anche nella diversità, è un istinto primordiale. Fare parte di squadra significa mettersi in gioco, confrontarsi e cooperare per raggiungere un obiettivo comune, migliora l’autostima e il rendimento da parte tutti. L’allenatore deve favorire il senso di identità collettiva creando un gruppo unito affinché all’interno del medesimo non prendano il sopravvento sentimenti negativi come rivalità, gelosia o invidia, stabilendo degli standard di comportamento positivi, magari coinvolgendo tutti i membri della squadra nell’individuazione delle regole cui sottostare. Regole che non possono prescindere dalla predisposizione all’accoglienza e interazione con i nuovi. Può essere utile valorizzare il ruolo del leader, l’atleta o gli atleti dotati di ascendente positivo, capaci di mediare tra i membri della squadra o tra questi e l’allenatore al fine di soddisfare le esigenze affettive del gruppo e di favorire il perseguimento degli obiettivi comuni. Fermo restando che il leader formale è sempre e solo l’istruttore che con la sua competenza e creatività avrà il non facile compito di creare il giusto clima motivazionale. Ma verso quale clima motivazionale dovrà propendere l’istruttore?
Verso un clima orientato al compito in cui le attività sono dirette al coinvolgimento anche dei meno bravi, o verso un clima orientato alla competizione che elogia i più bravi e disapprova i meno capaci? La risposta è ovvia: il clima motivazionale orientato al compito favorisce la motivazione intrinseca alla pratica sportiva fin dalla giovane età.
Capacità e Responsabilità Educativa – Lavorare con allievi in età evolutiva comporta delle responsabilità educative che non possono prescindere dall’assoluto rispetto dell’allievo, dei suoi bisogni, delle sue aspirazioni: non si può giustificare nessun intervento che interferisca negativamente sui processi di maturazione fisica e psichica dell’allievo e non è giustificabile l’ambizione di un genitore, dirigente o di un istruttore, che per raggiungere certi risultati imponga (anche attraverso pressioni psicologiche sottili) carichi e ritmi di lavoro tali da incidere negativamente sullo sviluppo globale dell’allievo.
Nonostante l’attività sportiva giovanile acquisisca sempre più significati reali sul piano psicologico e su quello socio- culturale, l’abitudine, purtroppo prevalente nel mondo dello sport, di considerare i risultati delle gare come unico sistema di valutazione sia delle prestazioni dell’allievo sia dell’operato dell’istruttore è assolutamente riduttiva e diseducativa. I criteri di valutazione dovrebbero essere la capacità di coinvolgere e di trasmettere piacere verso le attività, dare il vero valore alla competizione senza trasmettere ansia e la capacità fare acquisire ai ragazzi la consapevolezza dell’importanza di svolgere attività fisico/sportiva come costume di vita. Solo la consapevolezza delle proprie competenze e della propria onestà professionale, permetterà all’istruttore di svolgere il proprio compito con autonomia ed efficacia didattica e di respingere le critiche e le pressioni, di cui è spesso bersaglio da parte dei dirigenti, dei genitori e degli stessi allievi.
Competenza che ogni istruttore dovrebbe attivare senza dover rinunciare allo specifico della propria personalità, partendo dal principio che, per il suo valore formativo ed educativo, lo sport in età evolutiva è sempre un mezzo non un fine.
Infatti, quando non viene contaminato da interessi extra sportivi e dall’ignoranza, lo sport è una delle attività maggiormente formative che contribuisce con la scuola e la famiglia alla crescita e alla formazione equilibrata della persona; pertanto, ogni istruttore educa allo sport e alla competizione, favorendo l’apprendimento delle tecniche sportive, lo sviluppo delle capacità motorie e il potenziamento dei sistemi organici, ma allo stesso tempo educa attraverso lo sport.
Lo sport non è solo prestazione, ma un validissimo strumento per lo sviluppo della personalità se vissuto in un contesto favorevole che prevede attività che partono dal gioco dei bambini e che gradualmente si trasformano in uno sport sano e gratificante senza aspettative eccessive.
La Capacità di Comunicazione Interpersonale –
La comunicazione deve mirare ad appagare i bisogni relazionali del giovane che si approccia allo sport e a stimolare il pensiero critico sulla sua performance attraverso un feedback costruttivo (meglio percepito), affinché egli non si senta destinatario passivo di dettami tecnici, ma protagonista consapevole dei propri processi di apprendimento e dei propri miglioramenti. Pertanto, la facilità di comunicazione interpersonale è necessaria all’istruttore non solo per trasferire le informazioni tecniche specifiche agli allievi, ma anche per creare un clima di consenso e di partecipazione attorno al proprio lavoro.
L’istruttore porrà l’attenzione all’aspetto di contenuto, “cosa dice”, usando termini semplici non troppo tecnici, utilizzando il canale verbale in modo consapevole, ma allo stesso tempo avrà cura dell’aspetto di relazione, cioè “come lo dice”. Parliamo con la voce, ma in realtà, in modo inconsapevole e poco controllabile, comunichiamo con tutto il corpo attraverso mimica facciale, dei gesti e delle posture (canale non verbale) e il modo di utilizzare la voce per comunicare nel linguaggio verbale (canale paraverbale); in sostanza ognuno di noi, in modo del tutto inconscio, con il linguaggio del corpo e il tono della voce può confermare, accentuare, ma anche contradire (sarcasmo) quello che si sta riferendo. In tal caso, essendoci incongruenza tra i due aspetti comunicativi, l’allievo orienterà la sua attenzione più verso il linguaggio dei segni. La comunicazione verbale trasmette informazioni, concetti, tecniche, la comunicazione non verbale e paraverbale stabilisce relazioni interpersonali e genera emozioni, si parla allora di METACOMUNICAZIONE, ossia comunicazione ri-comunicante successiva e di livello superiore. Tutto passa naturalmente dalla capacità di ascoltare i propri allievi. Permettere di esprimere liberamente le proprie idee è un principio etico che si traduce in evitare di interrompere, inviare feedback positivi per far capire chiaramente che si sta ascoltando, rispondere in modo adeguato senza utilizzare etichettamenti (pregiudizi) o iniziare rimproverando.
Capacità di programmare percorsi didattici di apprendimento – L’istruttore che si appresta a programmare un processo di allenamento/insegnamento deve sempre partire da una attenta analisi del contesto ambientale e della situazione iniziale, ponendosi alcune domande fondamentali: a chi insegno? Bambino/ragazzo? l’età biologica corrisponde a quella anagrafica? Cosa insegno? Cosa il ragazzo dovrà essere in grado di fare?
Solo dopo passerà alla scelta e alla pianificazione degli obiettivi, alla programmazione, ossia a scegliere e organizzare le attività, i contenuti e i metodi ed infine alla distribuzione (periodizzazione) nel tempo dei contenuti in funzione degli obiettivi. Tutto ciò permetterà di mettere in atto lezioni (sedute di allenamento) non improvvisate ma riferite ad obiettivi pianificati. È evidente che la realizzazione della lezione rappresenta il momento tangibile per la valutazione delle competenze dell’istruttore che dovrà essere in grado di dimostrare, spiegare, guidare e applicare le tabelle programmate non in modo rigido, ma in modo flessibile e all’occorrenza in modo creativo. Vale la pena sottolineare che nell’apprendimento sportivo giovanile è necessario variare le condizioni di esecuzione per sviluppare la disponibilità variabile, stabilizzare precocemente le nuove abilità acquisite con la ripetizione indiscriminata può limitare il potenziale coordinativo.
Capacità di Osservazione E Valutazione – Saper osservare e sapere valutare nella quotidianità didattica è indispensabile per fornire opportuni feedback sia emotivi (sostegno, incoraggiamento) sia di natura tecnica (suggerimenti, correzioni), ma anche per valutare l’efficacia del proprio intervento per apportare eventuali modifiche in itinere. Un’osservazione sistematica e una valutazione metodologicamente corretta, mirata a rilevare dati fisico-sportivi e gli aspetti socio-relazionali, permette di realizzare programmazioni e pianificazioni più reali alle esigenze individuali e del contesto squadra. A riguardo può essere necessario l’utilizzo di test e griglie di rilevazione per rendere il più possibile oggettiva la valutazione e per storicizzare i dati che più interessano, mentre la valutazione soggettiva prenderà in considerazione le capacità relazionali, la motivazione e il grado di coinvolgimento dei ragazzi.
Per concludere diciamo che: impegno, passione, competenze tecnico/educative e consapevolezza sono indispensabili all’istruttore nell’attuale organizzazione sportiva odierna che vede un aumento considerevole di praticanti ma un altissimo drop out giovanile.
Riferimenti: atti Corso di Formazione per “Istruttore di Ginnastica”
Centro Nazionale Sportivo Libertas
25 maggio 2024
Doc. Vinci Salvatore